
Praticità, democrazia e uguaglianza, sono i codici etici e le cifre stilistiche che hanno reso la tuta un cult che oggi vanta un secolo di storia.
Tuta, invenzione Made in Italy che ha attraversato i decenni della moda vestendo i panni di indimenticabili super eroi e icone del cinema. Infinite sfumature per un capo versatile oggi declinato in più occasioni d’uso, dalla cerimonia al tempo libero.
A inventarla fu Ernesto Michahelles, meglio noto come Thayaht, uno scultore, pittore, fotografo, disegnatore, architetto, inventore e orafo fiorentino, che Marinetti arruolò nel movimento futurista e che, di ritorno da un viaggio a Parigi – dove i vestiti erano davvero cari – provò ad immaginare un abito più democratico.
Inventò anche la parola per descriverlo, derivata dalla lettera dell’alfabeto, la T, alla quale la forma della tuta rimandava visivamente in modo diretto e inequivocabile.
Thayaht lavorava in un periodo storico di crisi economica, alla fine della Grande Guerra, privo di una filiera produttiva. C’erano solo piccoli laboratori e sartorie destinate alle élite, racconta Daniela Degl’Innocenti, conservatrice e curatrice del Museo del Tessuto di Prato.
Il cartamodello fu addirittura pubblicato sul quotidiano La Nazione per permettere a tutti di confezionare la propria tuta in casa. Bastava acquistare la tela di cotone Massaua, nelle tonalità del blu o del kaki, e seguire le indicazioni meticolosamente dettagliate di Thayaht.
Quando, qualche tempo dopo, entrò come modellista nell’atelier parigino di Madeleine Vionnet, l’artista-sarto ne creò una versione femminile, in omaggio alle donne più sportive.
Da allora la tuta non ha smesso di fare tendenza, ma a renderne ancora più interessante la storia è l’evoluzione stessa del termine.
Tuta, curiosità da sapere…
Mentre nel mondo anglosassone a ogni variante lessicale corrisponde una variante tecnica:
- Dungaree, è la versione con pettorina
- Romper, quella con taglio shorts
- Bodysuit, aderente al corpo stile pattinaggio
- Jumpsuit, il termine più generico
- Overall, per la versione più coprente
in Italia la potenza semantica della parola tuta ha finito per fagocitare ogni possibile distinguo, con un potere inclusivo che si è esteso perfino alla tracksuit, la tuta da ginnastica, la cui genesi è lontana anni luce dal capolavoro originale di Thayaht.
Ma tant’è: la moda è generosa e in passerella c’è spazio per tut(t)e. Dai due pezzi ginnicouture di Gucci alle varianti biker (come quella, iconica, proposta da Bottega Veneta per il prossimo A/I); dalla salopette di nappa firmata Salvatore Ferragamo al modello worker rivisitato da Stella McCartney.
Curioso, poi, è il neonato “effetto tuta” (blouson e pantaloni con fantasia identica, praticamente impossibile percepirne la linea di separazione).
Tuta, dalle pagine patinate a noi
La tuta oltre ad essere entrata come elemento continuativo nelle collezioni è anche presente nei nostri armadi, sono anni infatti che Pennyblack ne propone versioni da giorno e da cerimonia.
Per questa Primavera/Estate 2019, oltre che alle numerose proposte per le occasioni più speciali, la nostra attenzione è puntata su un modello declinato alla quotidianità, un capo semplice e per questo versatile che si presta tanto al tempo libero quanto al lavoro.


Tuta Marusca (189)
T-shirt Rasente (59)


Questo articolo è stato ripreso dalla rivista Elle n.9 del 16/03/2019 pag. 76.
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